Spesso accade che, per esigenze lavorative o per ragioni di studio, ci si debba trasferire o comunque adattare ad una nuova città.
Adattarsi è come essere "adottati" da questa città (una città adottiva appunto), che rappresenta una sorta di genitore in trasferta, con le sue regole, i suoi ritmi e le sue abitudini. Una città che può allo stesso tempo accoglierci e divorarci.
Il rapporto stesso con questa nuova realtà è molto particolare, perché non viene vissuto né con il distacco tipico di un turista e nemmeno con l'affezione che caratterizza chi in quei luoghi ci ha vissuto da sempre. Per questo si va a creare una situazione quasi contraddittoria, in cui i luoghi dove quotidianamente trascorriamo moltissimo tempo ci appaiono comunque estranei e non "nostri". Come se quei luoghi suscitassero un continuo e dilatato fascino incomprensibile. Come se in quei luoghi fossimo stati improvvisamente catapultati in maniera inaspettata e potessimo così solo coglierne frammentari aspetti.
Così nascono queste note, come raccolte di appunti visivi di queste città adottive, ammirate e continuamente idealizzate.
"Come un bambino, nascosto in un buio armadio, guarda, attraverso le ante, un sottile e flebile fascio di luce."